Il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani, è stato promotore, insieme ai primi cittadini dei capoluoghi del Lazio, Damiano Coletta (Latina), Giovanni Arena (Viterbo) e Antonio Cicchetti (Rieti), della proposta per rendere obbligatoria la destinazione ovvero la riconversione immediata, in reparti di terapia intensiva, di una quota delle cliniche private e dei reparti ospedalieri di piccole dimensioni, recentemente dismessi, nelle province del Lazio.
La richiesta è stata resa formale e sottoscritta, dunque, dai sindaci dei capoluoghi nella qualità di presidenti delle Conferenze locali della Sanità delle Province di Frosinone, Latina, Viterbo e Rieti, inoltrandola al presidente del consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, oltre che al presidente e al vicepresidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti e Daniele Leodori, e all’assessore regionale alla sanità Alessio Amato.
Ottaviani, Coletta, Arena e Cicchetti, “cogliendo l’occasione per ringraziare il Governo e la Regione Lazio per l’enorme attività profusa, sotto il profilo sanitario, per il contenimento dell’emergenza Covid-19, si permettono di rivolgere alcune brevi considerazioni e richieste, provenienti dai Sindaci, quali autorità sanitarie locali, scaturenti dalle preoccupazioni e sollecitazioni dirette con la popolazione”, si legge nel documento.
“In Lombardia, nell’ultima settimana, il numero dei contagi è aumentato con un trend giornaliero del 20% e, quindi, di converso, scende del 20% la disponibilità giornaliera dei posti letto in terapia intensiva, in assenza di un’immediata proporzionale ed ulteriore dotazione di letti, proprio nel settore delle rianimazioni.
Del resto, le dichiarazioni di alcuni responsabili della Società Italiana di anestesiologia (in verità non solitarie), secondo cui a breve si rischia di selezionare chi curare, pur apparendo scioccanti, rischiano di risultare non distanti dalla realtà. Sul Lazio, per ora,
non si registrano ancora i numeri della Lombardia e, allora, il tempo utile può costituire un valido alleato per agire, con decisione e convinzione.
Le imprese migliori dell’edilizia e degli allestimenti sanitari, che posseggono il know how di cui abbiamo bisogno, sono in grado di riconvertire un posto letto di medicina o di chirurgia generale in un posto di terapia intensiva o sub intensiva, secondo la doppia opzione di intervenire sugli ospedali pubblici, parzialmente dismessi, o sui reparti omologhi delle cliniche private, al netto del fabbisogno giornaliero per il personale (anestesisti, operatori sanitari, tecnici di laboratorio e di radiologia ed infermieri).
Inoltre, sul Lazio vi sono almeno 3 o 4 cliniche convenzionate sulle province ed una quindicina su Roma, con reparti in grado di essere riconvertiti velocemente, ma non possiamo saltare la considerazione che le cliniche private non avrebbero un grosso interesse, loro sponte, alla riconversione da medicina o chirurgia in terapia intensiva, per un periodo di tempo circoscritto, quale quello dell’attuale emergenza Covid-19, pur potendo agire con maggiore elasticità di procedure rispetto al pubblico.
Gli uffici della Regione Lazio – che ribadiamo di ringraziare, sempre, per l’attività svolta – stanno chiedendo in queste ore, anche alle strutture convenzionate, la disponibilità ad attivare, su base volontaria, nuovi posti di terapia intensiva e di ricovero di pazienti Covid-19 e, dunque, stiamo sicuramente per indirizzarci per la giusta direzione, ma ciò potrebbe non essere sufficiente.
Però, solo esercitando, adesso, le prerogative regionali e governative, con la relativa decretazione d’urgenza, si potrebbe centrare l’obiettivo, poiché altro è chiedere una disponibilità volontaria agli operatori privati convenzionati con il SSN, altro è imporlo, con gli eventuali accorgimenti e correttivi gestionali e finanziari.
Ecco perché, pur nel rispetto delle prerogative e delle altrui competenze finali, intendiamo chiedere al Governo ed alla Regione di promuovere, immediatamente e senza indugio, la riconversione di alcune cliniche e dei reparti dismessi, di chirurgia generale e di medicina, in posti letto di terapia intensiva e sub intensiva, prima che l’emergenza delle rianimazioni si sposti dal Nord, all’Italia centrale.
Contestualmente, la stessa operazione di riconversione potrebbe essere attivata, negli ospedali di periferia parzialmente dismessi.
Muovendoci in fretta, dunque, su tutto il Lazio, tra intensiva e sub intensiva, pur con i riverberi e le criticità del caso, possiamo moltiplicare per 4 o per 5 i letti dedicati all’emergenza Covid-19 o alla rianimazione, in senso stretto.
Del resto, gli 800 posti circa, attualmente destinati alla terapia intensiva sul Lazio, non possono essere utilizzati per le esigenze Covid-19, in toto, sottraendoli agli altri casi ordinari di insufficienze respiratorie o cardiocircolatorie, come avviene, ad esempio, in occasione degli incidenti stradali o delle altre emergenze quotidiane.
In definitiva, speriamo tutti che quei posti in più di terapia intensiva non debbano risultare necessari, ma se ci fosse l’urgenza, peraltro ormai quasi prevedibile, non possiamo trovarci davanti alla scelta di chi salvare, in base all’età o ad altri fattori, rimessi alla discrezionalità del medico di turno, magari lasciato solo in una scelta che rappresenterebbe per chiunque un fardello troppo pesante da gestire”.
I sindaci hanno quindi allegato al documento una breve nota riepilogativa della situazione relativa all’ipotesi di incremento dei contagi, dei riverberi sulle disponibilità giornaliere dei posti letti in terapia intensiva e della proiezione prospettica del fabbisogno a 90 giorni.
Fonte: Comune di Frosinone